Al momento di descrivere un disturbo di personalità, assumiamo che non vi sia una chiara demarcazione tra ciò che è normale e ciò che è patologico, in quanto esistono numerose corrispondenze tra principali dimensioni della personalità normale (o del temperamento) e sintomatologia dei disturbi di personalità. L’attuale tendenza è propensa a concettualizzare i disturbi di personalità tenendo conto non soltanto degli aspetti caratteriali e di personalità, ma anche di quelli temperamentali e neurobiologici.
L’approccio diagnostico utilizzato nel DSM, che è il manuale in base a cui si diagnostica attualmente un disturbo di personalità, rappresenta la prospettiva categoriale. Secondo questa ottica, i disturbi di personalità rappresentano sindromi cliniche distinte qualitativamente. La definizione che ne dà il manuale così recita: un Disturbo di Personalità rappresenta un modello di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo, e determina disagio o menomazione.
Vi sono stati anche numerosi tentativi di identificare le dimensioni fondamentali della personalità che sottostanno all’intera area del funzionamento normale e patologico. Il dibattito, ancora aperto, ruota fondamentalmente intorno a tre quesiti:1) natura dimensionale o categorica dei disturbi di personalità; 2) distinzione tra caratteristiche di personalità normali e patologiche; 3) natura dei processi e della struttura di base sottostante sia ai disturbi di personalità sia alla personalità normale.